2 giugno 1946
Mauro Caniggia Nicolotti • 2 giugno 2020
Quando si celebra è anche bene ricordare la storia nei suoi diversi risvolti
2 giugno 1946
Il due giugno 1946 il referendum nazionale registrava un risultato eclatante: 12.182.855 italiani (il 54,3%) scelsero come forma amministrativa quella repubblicana, 10.362.709 (il 45,7%) votarono, invece, per la Monarchia; tralascio la querelle dei brogli elettorali.
In Valle d’Aosta la Repubblica raccolse 28.516 preferenze (65,3%), mentre 16.411 (36,5%) andarono per mantenere il Regno; la circoscrizione valdostana fu il territorio in cui si registrò la più alta percentuale di voti nulli.
Per la cronaca - al netto di quei Comuni sparsi nella Valle in cui prevalse il voto per mantenere la Corona - furono generalmente i territori posti tra il Monte Bianco e la zona del Gran Paradiso a votare maggiormente per la Monarchia. E’ il caso di Courmayeur (78,5%), di Pré-Saint-Didier (86,03%), di Arvier (64,15%), di Valgrisenche (74,65%), della Valle di Rhêmes (57,6%) e di Champorcher (60,37%); un po’ più tiepide, invece, le zone (minerarie) di La Thuile (45,9%) e di Cogne (44,58%).
Forse il voto monarchico era in qualche modo legato al ricordo delle storiche frequentazioni turistiche dei Savoia tra le valli del Parco Nazionale del Gran Paradiso e le zone termali.
Comunque sia, il 15 giugno 1946 il periodico cattolico della Diocesi di Aosta (Augusta Praetoria), analizzando il risultato referendario, si espresse in questi termini: “Con non poca emozione i Valdostani vedono partire in esilio l’ultimo rappresentante dei Savoia, Casa di cui la Valle d’Aosta - come si è sempre detto - è stata il primo gioiello della sua Corona. Il nostro attaccamento secolare ad essa si è affievolito un poco alla volta; distacco causato da quando la monarchia ha allentato i suoi legami con la nostra Valle. Ci siamo tante volte rivolti direttamente al Re affinché potessimo mantenere le nostre tradizioni, il nostro carattere etnico e la nostra lingua, ma senza ottenere una qualche manifestazione d’interesse per la nostra causa. La Maison de Savoie era diventata italiana.
Gli ultimi errori della monarchia hanno causato ripercussioni nella nostra Valle. Il fascismo al quale il Re ha legato il suo trono; la dichiarazione di una guerra per niente necessaria; la distanza tenuta durante l’occupazione degli Alleati; tutto ciò ci ha disaffezionato da questa Istituzione millenaria alla quale avevamo dato così tanta prova di attaccamento.”
Una sintesi puntuale e lucida in cui si intuiscono i mille risvolti e le sfumature di un legame durato nove secoli. Coabitazione che i valdostani hanno sempre incentrato sulla difesa delle loro consuetudini e dell’autogoverno; caratteristiche che, con il passare del tempo, i Savoia hanno progressivamente ostacolato e poi soffocato.
Ad onor del vero, però, il 7 settembre 1945 Umberto di Savoia (futuro Re d’Italia) promulgò i decreti luogotenenziali che elevarono la Valle d'Aosta a circoscrizione autonoma. Norme che la futura Repubblica Italiana recepì nell'attuale Statuto Speciale della Regione autonoma della Valle d'Aosta (26 febbraio 1948).
2 giugno 1946
Il due giugno 1946 il referendum nazionale registrava un risultato eclatante: 12.182.855 italiani (il 54,3%) scelsero come forma amministrativa quella repubblicana, 10.362.709 (il 45,7%) votarono, invece, per la Monarchia; tralascio la querelle dei brogli elettorali.
In Valle d’Aosta la Repubblica raccolse 28.516 preferenze (65,3%), mentre 16.411 (36,5%) andarono per mantenere il Regno; la circoscrizione valdostana fu il territorio in cui si registrò la più alta percentuale di voti nulli.
Per la cronaca - al netto di quei Comuni sparsi nella Valle in cui prevalse il voto per mantenere la Corona - furono generalmente i territori posti tra il Monte Bianco e la zona del Gran Paradiso a votare maggiormente per la Monarchia. E’ il caso di Courmayeur (78,5%), di Pré-Saint-Didier (86,03%), di Arvier (64,15%), di Valgrisenche (74,65%), della Valle di Rhêmes (57,6%) e di Champorcher (60,37%); un po’ più tiepide, invece, le zone (minerarie) di La Thuile (45,9%) e di Cogne (44,58%).
Forse il voto monarchico era in qualche modo legato al ricordo delle storiche frequentazioni turistiche dei Savoia tra le valli del Parco Nazionale del Gran Paradiso e le zone termali.
Comunque sia, il 15 giugno 1946 il periodico cattolico della Diocesi di Aosta (Augusta Praetoria), analizzando il risultato referendario, si espresse in questi termini: “Con non poca emozione i Valdostani vedono partire in esilio l’ultimo rappresentante dei Savoia, Casa di cui la Valle d’Aosta - come si è sempre detto - è stata il primo gioiello della sua Corona. Il nostro attaccamento secolare ad essa si è affievolito un poco alla volta; distacco causato da quando la monarchia ha allentato i suoi legami con la nostra Valle. Ci siamo tante volte rivolti direttamente al Re affinché potessimo mantenere le nostre tradizioni, il nostro carattere etnico e la nostra lingua, ma senza ottenere una qualche manifestazione d’interesse per la nostra causa. La Maison de Savoie era diventata italiana.
Gli ultimi errori della monarchia hanno causato ripercussioni nella nostra Valle. Il fascismo al quale il Re ha legato il suo trono; la dichiarazione di una guerra per niente necessaria; la distanza tenuta durante l’occupazione degli Alleati; tutto ciò ci ha disaffezionato da questa Istituzione millenaria alla quale avevamo dato così tanta prova di attaccamento.”
Una sintesi puntuale e lucida in cui si intuiscono i mille risvolti e le sfumature di un legame durato nove secoli. Coabitazione che i valdostani hanno sempre incentrato sulla difesa delle loro consuetudini e dell’autogoverno; caratteristiche che, con il passare del tempo, i Savoia hanno progressivamente ostacolato e poi soffocato.
Ad onor del vero, però, il 7 settembre 1945 Umberto di Savoia (futuro Re d’Italia) promulgò i decreti luogotenenziali che elevarono la Valle d'Aosta a circoscrizione autonoma. Norme che la futura Repubblica Italiana recepì nell'attuale Statuto Speciale della Regione autonoma della Valle d'Aosta (26 febbraio 1948).