Valle d'Aosta svegliati
Mauro Caniggia Nicolotti • 3 giugno 2020
Valle d'Aosta svegliati
Con oggi, 3 giugno, si apre il via ad un corso che dovrebbe progressivamente riportare il tutto alla normalità. Anche se credo che, per quanto si riuscirà a delineare un solco di nuova stabilità, non tutto sarà come prima.
Sotto il profilo amministrativo, per esempio, abbiamo scoperto le tante pecche dei nostri sistemi.
Un governo italiano non all’altezza della situazione, un’Europa sempre più distante da tutto e da tutti e la voglia di rilancio dei territori. Aspetto, quest’ultimo, criticato dai soliti che vedono nell’assunzione di responsabilità del localismo, un attentato all’unità del Paese e non una normale necessità di decentramento. L’Italia dovrebbe riflettere a fondo su istanze di questo genere, ed anche l’Europa dovrebbe. Decentramento e federalismo, infatti, potrebbero essere forti antidoti ad un sistema politico, italiano e continentale, che va svecchiato e che da tempo sta dimostrando inefficienza, burocrazia, assenza di prospettiva.
Anche la piccola Valle d’Aosta è in crisi e deve cambiare; necessita, prima di tutto, di una visione e di una seria ed efficace attività politica. Necessita, poi, di un nuovo patto con lo Stato per un’autonomia ancora più forte; nel frattempo dovrebbe aprirsi al confronto con tutti coloro che intendono promuovere una nuova sfida geopolitica europea, cioè una prospettiva che un giorno intenda superare gli attuali Stati e che preveda l’aggregazione di nuovi territori-Stato alla cui base vi sia una certa affinità (territorio, clima, economia, cultura, potenzialità, problematiche...).
Altrimenti resterà a respirarci addosso la solita triste realtà: quella attuale. Quella che ci fa rimanere ad un punto fermo, immobili da tempo, come imperturbabili e magari nell’attesa di eventi dettati da altri; come se non avessimo ancora imparato che nel corso della storia per noi valdostani la difesa non è stata sempre il miglior attacco.
Da secoli, infatti, la Valle d'Aosta è restata sempre ancorata sulla difensiva, attorcigliata sul dissenso, abituata alla levata di scudi; troppe volte si è anche pianta addosso, rintanandosi passivamente nelle lamentele contro ciò che le veniva imposto dall'esterno.
Ora è giunto il momento di smetterla. Dobbiamo definire una volta per tutte chi siamo, chiarirci cosa vogliamo e come fare per ottenerlo.
Insomma, essere, fare e - soprattutto - provare a disegnare noi e tutti insieme il nostro destino.
Almeno tentare....
Con oggi, 3 giugno, si apre il via ad un corso che dovrebbe progressivamente riportare il tutto alla normalità. Anche se credo che, per quanto si riuscirà a delineare un solco di nuova stabilità, non tutto sarà come prima.
Sotto il profilo amministrativo, per esempio, abbiamo scoperto le tante pecche dei nostri sistemi.
Un governo italiano non all’altezza della situazione, un’Europa sempre più distante da tutto e da tutti e la voglia di rilancio dei territori. Aspetto, quest’ultimo, criticato dai soliti che vedono nell’assunzione di responsabilità del localismo, un attentato all’unità del Paese e non una normale necessità di decentramento. L’Italia dovrebbe riflettere a fondo su istanze di questo genere, ed anche l’Europa dovrebbe. Decentramento e federalismo, infatti, potrebbero essere forti antidoti ad un sistema politico, italiano e continentale, che va svecchiato e che da tempo sta dimostrando inefficienza, burocrazia, assenza di prospettiva.
Anche la piccola Valle d’Aosta è in crisi e deve cambiare; necessita, prima di tutto, di una visione e di una seria ed efficace attività politica. Necessita, poi, di un nuovo patto con lo Stato per un’autonomia ancora più forte; nel frattempo dovrebbe aprirsi al confronto con tutti coloro che intendono promuovere una nuova sfida geopolitica europea, cioè una prospettiva che un giorno intenda superare gli attuali Stati e che preveda l’aggregazione di nuovi territori-Stato alla cui base vi sia una certa affinità (territorio, clima, economia, cultura, potenzialità, problematiche...).
Altrimenti resterà a respirarci addosso la solita triste realtà: quella attuale. Quella che ci fa rimanere ad un punto fermo, immobili da tempo, come imperturbabili e magari nell’attesa di eventi dettati da altri; come se non avessimo ancora imparato che nel corso della storia per noi valdostani la difesa non è stata sempre il miglior attacco.
Da secoli, infatti, la Valle d'Aosta è restata sempre ancorata sulla difensiva, attorcigliata sul dissenso, abituata alla levata di scudi; troppe volte si è anche pianta addosso, rintanandosi passivamente nelle lamentele contro ciò che le veniva imposto dall'esterno.
Ora è giunto il momento di smetterla. Dobbiamo definire una volta per tutte chi siamo, chiarirci cosa vogliamo e come fare per ottenerlo.
Insomma, essere, fare e - soprattutto - provare a disegnare noi e tutti insieme il nostro destino.
Almeno tentare....