La nuit de l'autonomie

Mauro Caniggia Nicolotti • 7 marzo 2020
“La nuit de l’autonomie” oppure “Là, il nuit à l’autonomie”?

Il 7 marzo 1536, tre anni prima della Francia, il Ducato di Aosta cominciò ad impiegare ufficialmente la lingua francese negli atti pubblici. Un fatto importante che è un caposaldo della cultura e della società valdostana. All’epoca la Valle d’Aosta, per 23 anni isolata a causa di invasioni e guerre, si fece Stato e fu in grado di stipulare trattati di neutralità con le superpotenze di allora. Toutes personnes nees au Duché d’Aouste son franches & de condition libre... recitava il Coutumier du Duché d’Aoste nel 1588.
All’epoca, il Ducato impedì agli eserciti di attraversare la Valle, istituì ai confini cordoni sanitari di controllo contro la peste e ottenne dalla Francia il rispetto delle proprietà valdostane situate in territorio occupato; in più i commercianti non furono soggetti a dazi sulle loro merci in transito. I valdostani godevano, dunque, di tutti i diritti concessi alle terre neutrali.

Oggi, il francese è una lingua sempre più bistrattata. È diventata quasi osteggiata e divisiva per colpa soprattutto di una politica che, fin dall’autonomia concessa dall’Italia nel 1948, non è stata in grado di stimolarla per creare una comunità realmente bilingue. Ha, invece, tante volte usato il francese come vessillo: pro o contro e raramente PER. Eppure 500 anni fa e fino alla fine dell’Ottocento, il francese non fu neppure uno strumento per difendere le varie forme di autogoverno della Valle d’Aosta o una lingua che distingueva la comunità rispetto ad altre terre sabaude. A rivendicare l’identità della popolazione, era invece un preciso spirito comunitario che - anche se guidato dalle classi dirigenti - si riverberava nel popolo tramite usanze, tradizioni e consuetudini. Un modus vivendi su cui si è costruito un sentimento diffuso di appartenenza al territorio, di collettività.
Oggi manca tutto ciò … e manca anche una classe politica dirigente che sia in grado di…