Candide è diventato anche blog... Per raccontare la Valle d'Aosta

Fin dalla sua fondazione (19 aprile 1999) Candide è stato l'organo ufficiale del Centro Studi del Tillier e per i successivi 10 anni anche la "voce" della Consulta Comunale per le Attività Culturali della Città di Aosta. Dal 2010 è diventato poi un quaderno di cultura. Dal 2012 è presente anche su facebook come giornale, su twitter, ecc.

Candide ha raccolto indifferentemente articoli in italiano e in francese e ha ospitato articoli, anche di firme locali importanti. Cultura, storia locale, avvenimenti importanti in Valle d'Aosta, ecc.; qualsiasi argomento ha trovato, e può trovare, spazio su Candide.

CANDIDE

Il faut cultiver notre jardin

(...) Un jeune garçon à qui la nature avait donné les moeurs les plus douces: Sa physionomie annonçait son âme: Il avait le jugement assez droit, avec l’esprit le plus simple; c’’est, je crois, pour cette raison qu’on le nommait Candide. (...)

Voltaire, Candide ou l’Optimisme (1759)



Autore: Mauro Caniggia Nicolotti 21 giugno 2020
Collegati a: www.caniggia.eu/con-spirito-nuovo
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti 10 giugno 2020
Collegati a: www.caniggia.eu/nazione-non-sono-le-persone-ma-il-territorio
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti 6 giugno 2020
76 anni fa lo sbarco in Normandia Il D-Day, come è anche chiamato il 6 giugno 1944, è il giorno in cui si svolse lo sbarco degli Alleati in Normandia (Francia). Ecco come fu data la notizia, in una Valle d'Aosta ancora controllata dai nazi-fascisti, dal quindicinale Augusta Praetoria del 15 giugno: ---- Il secondo fronte I giornali del 7-8 corr. portavano in grossi carateri questi titoli: Gli anglo-americani si sono decisi a tentare l'attacco al Continente. La battaglia sulla costa francese da Cherbourg a Le Havre. Il formidabile sbarco anglo-americano ha avuto luogo la notte del 5 corr., e l'indomani 6, il Comando germanico pubblicava il comunicato se- guente: "La scorsa notte il nemico ha iniziato l'attacco contro l'Europa occidentale, preparato da lungo tempo e da noi atteso. Dopo violenti attacchi aerei contro le nostre fortificazioni costiere, truppe paracadutiste sono scese in parecchi punti della costa di Francia settentrionale, fra le Havre e Cherbourg. Mentre altre sono sbarcate contemporaneamente dal mare con l'appoggio di poderose forze navali. Sui tratti del littorale attaccati sono in corso accaniti combattimenti ." Non può un foglio quindicinale tener dietro alla ridda delle notizie e dei comunicati che giungono ogni giorno; alle mutevoli situazioni della lotta che cangia d'aspetto quasi ogni momento. La grande battaglia si svolge sulle coste della Bretagna, e pare che scopo principale degli anglo-americani sia di impadronirsi della penisola del Cotentin per costituirvi delle basi militari aventi per iscopo l'invasione della Francia. Epicentri delle lotte sono le foci della Senna, dell'Orne e del Vire; le principali città ora contese sono Cherbourg, Valognes Grandcamp, Carentan, Bayeux, Caen ecc. ---- Comunicazioni ovviamente filtrate dal regime. Il giornale informava anche di fatti accaduti localmente a Gressano, Torre d'Errera, Mongiove e San Vincenzo della Fonte... Come è noto, in meno di un anno le dittature furono sconfitte e con loro terminò il Secondo conflitto mondiale. Con la libertà, tornarono finalmente anche i giusti toponimi valdostani che il Fascismo aveva italianizzato... e tra di essi quelli di Gressan, Tour d'Héréraz (Perloz), Montjovet e Saint-Vincent.
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti 3 giugno 2020
Valle d'Aosta svegliati Con oggi, 3 giugno, si apre il via ad un corso che dovrebbe progressivamente riportare il tutto alla normalità. Anche se credo che, per quanto si riuscirà a delineare un solco di nuova stabilità, non tutto sarà come prima. Sotto il profilo amministrativo, per esempio, abbiamo scoperto le tante pecche dei nostri sistemi. Un governo italiano non all’altezza della situazione, un’Europa sempre più distante da tutto e da tutti e la voglia di rilancio dei territori. Aspetto, quest’ultimo, criticato dai soliti che vedono nell’assunzione di responsabilità del localismo, un attentato all’unità del Paese e non una normale necessità di decentramento. L’Italia dovrebbe riflettere a fondo su istanze di questo genere, ed anche l’Europa dovrebbe. Decentramento e federalismo, infatti, potrebbero essere forti antidoti ad un sistema politico, italiano e continentale, che va svecchiato e che da tempo sta dimostrando inefficienza, burocrazia, assenza di prospettiva. Anche la piccola Valle d’Aosta è in crisi e deve cambiare ; necessita, prima di tutto, di una visione e di una seria ed efficace attività politica. Necessita, poi, di un nuovo patto con lo Stato per un’autonomia ancora più forte; nel frattempo dovrebbe aprirsi al confronto con tutti coloro che intendono promuovere una nuova sfida geopolitica europea, cioè una prospettiva che un giorno intenda superare gli attuali Stati e che preveda l’aggregazione di nuovi territori-Stato alla cui base vi sia una certa affinità (territorio, clima, economia, cultura, potenzialità, problematiche...). Altrimenti resterà a respirarci addosso la solita triste realtà: quella attuale. Quella che ci fa rimanere ad un punto fermo, immobili da tempo, come imperturbabili e magari nell’attesa di eventi dettati da altri; come se non avessimo ancora imparato che nel corso della storia per noi valdostani la difesa non è stata sempre il miglior attacco. Da secoli, infatti, la Valle d'Aosta è restata sempre ancorata sulla difensiva, attorcigliata sul dissenso, abituata alla levata di scudi; troppe volte si è anche pianta addosso, rintanandosi passivamente nelle lamentele contro ciò che le veniva imposto dall'esterno. Ora è giunto il momento di smetterla. Dobbiamo definire una volta per tutte chi siamo, chiarirci cosa vogliamo e come fare per ottenerlo. Insomma, essere, fare e - soprattutto - provare a disegnare noi e tutti insieme il nostro destino. Almeno tentare....
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti 2 giugno 2020
Quando si celebra è anche bene ricordare la storia nei suoi diversi risvolti 2 giugno 1946 Il due giugno 1946 il referendum nazionale registrava un risultato eclatante: 12.182.855 italiani (il 54,3%) scelsero come forma amministrativa quella repubblicana, 10.362.709 (il 45,7%) votarono, invece, per la Monarchia; tralascio la querelle dei brogli elettorali. In Valle d’Aosta la Repubblica raccolse 28.516 preferenze (65,3%), mentre 16.411 (36,5%) andarono per mantenere il Regno; la circoscrizione valdostana fu il territorio in cui si registrò la più alta percentuale di voti nulli. Per la cronaca - al netto di quei Comuni sparsi nella Valle in cui prevalse il voto per mantenere la Corona - furono generalmente i territori posti tra il Monte Bianco e la zona del Gran Paradiso a votare maggiormente per la Monarchia. E’ il caso di Courmayeur (78,5%), di Pré-Saint-Didier (86,03%), di Arvier (64,15%), di Valgrisenche (74,65%), della Valle di Rhêmes (57,6%) e di Champorcher (60,37%); un po’ più tiepide, invece, le zone (minerarie) di La Thuile (45,9%) e di Cogne (44,58%). Forse il voto monarchico era in qualche modo legato al ricordo delle storiche frequentazioni turistiche dei Savoia tra le valli del Parco Nazionale del Gran Paradiso e le zone termali. Comunque sia, il 15 giugno 1946 il periodico cattolico della Diocesi di Aosta ( Augusta Praetoria ), analizzando il risultato referendario, si espresse in questi termini: “Con non poca emozione i Valdostani vedono partire in esilio l’ultimo rappresentante dei Savoia, Casa di cui la Valle d’Aosta - come si è sempre detto - è stata il primo gioiello della sua Corona. Il nostro attaccamento secolare ad essa si è affievolito un poco alla volta; distacco causato da quando la monarchia ha allentato i suoi legami con la nostra Valle. Ci siamo tante volte rivolti direttamente al Re affinché potessimo mantenere le nostre tradizioni, il nostro carattere etnico e la nostra lingua, ma senza ottenere una qualche manifestazione d’interesse per la nostra causa. La Maison de Savoie era diventata italiana. Gli ultimi errori della monarchia hanno causato ripercussioni nella nostra Valle. Il fascismo al quale il Re ha legato il suo trono; la dichiarazione di una guerra per niente necessaria; la distanza tenuta durante l’occupazione degli Alleati; tutto ciò ci ha disaffezionato da questa Istituzione millenaria alla quale avevamo dato così tanta prova di attaccamento.” Una sintesi puntuale e lucida in cui si intuiscono i mille risvolti e le sfumature di un legame durato nove secoli. Coabitazione che i valdostani hanno sempre incentrato sulla difesa delle loro consuetudini e dell’autogoverno; caratteristiche che, con il passare del tempo, i Savoia hanno progressivamente ostacolato e poi soffocato. Ad onor del vero, però, il 7 settembre 1945 Umberto di Savoia (futuro Re d’Italia) promulgò i decreti luogotenenziali che elevarono la Valle d'Aosta a circoscrizione autonoma . Norme che la futura Repubblica Italiana recepì nell'attuale Statuto Speciale della Regione autonoma della Valle d'Aosta (26 febbraio 1948).
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti & Luca Poggianti 23 maggio 2020
Il teorema di Davide Ha senso una Valle d'Aosta indipendente? Di autogoverno e di indipendenza ne parliamo e ne scriviamo da anni, ma sembra che un certo interesse sia diventato in qualche modo attuale di questi tempi. Ragione per cui intendiamo portare il tema alla ribalta senza prescindere da una necessaria “scientificità” e valutazione e sperando di creare interesse e dibattito; discussione che servirebbe anche a riflettere sull’identità locale, tema che pare la politica abbia dimenticato da tempo... Indipendenza. Parola (e risvolti ad essa collegati) che abbiamo aiutato a far uscire non solo dai cassetti polverosi della storia, ma soprattutto per la quale ci auguriamo di aver ripulito da qualche prurito o, meglio ancora, da alcuni preconcetti e tabù che inevitabilmente avvolgono uno scenario simile. Probabilmente potremmo aver contribuito ad allontanarla da chi, tutt’al più, tollera che, come una vecchia sciabola, essa venga al massimo e con cautela sfoderata dalla guaina in cui è riposta; alla stregua di quelle antiche e spuntate armi da collezione che fanno ragnatela sul caminetto del salotto di chi, dinnanzi agli ospiti, tenta di far vanto di un qualche passato temerario o di una nobile e gloriosa ascendenza. Insomma, che male c’è a parlarne? Il libro dovevamo presentarlo il 7 marzo scorso.... In attesa di farlo quando si potrà, la pubblicazione si può trovare in libreria. M. Caniggia Nicolotti, L. Poggianti, Il teorema di Davide Ha senso una Valle d'Aosta indipendente? , ottobre 2019, Tipografia La Vallée, Aosta.
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti & Luca Poggianti 20 maggio 2020
La provincia di Aosta non esiste da 75 anni La Provincia di Aosta (1927-1945; in basso l’immagine dei territori che comprendeva) fu soppressa dal decreto legge luogotenenziale del 7 settembre 1945 n. 545 che recita: La Valle d’Aosta, in considerazione delle sue condizioni geografiche, economiche e linguistiche del tutto particolari, è costituita in circoscrizione autonoma con capoluogo in Aosta . Tutto ciò accadeva 9 mesi prima della nascita della Repubblica Italiana. La questione fu in quei giorni ben sintetizzata dal giornale La Nuova Stampa dell’11 agosto 1945: Ora Aosta, in virtù della deliberazione del Consiglio dei Ministri (...) , come provincia si scioglie e perde il Canavese nonché le città di Ivrea e di Cuorgnè, le quali ritorneranno alla provincia di Torino; ma ciò non importa ad Aosta, che già di mala voglia aveva sopportato di diventare provincia e che oggi aspira nient’altro che ad essere regione a se stessa, non nel senso di grande estensione territoriale, ma in quello storico delle sue inobliate tradizioni di vita autonoma . Quei decreti del 1945, firmati dal futuro re Umberto II, il 26 febbraio 1948 si trasformarono in legge di rango costituzionale, norma che istituì la Regione Autonoma della Valle d’Aosta ... unico territorio italiano nel quale non è stata istituita alcuna provincia. * Immagine e parte dei testi sono tratti da M. Caniggia Nicolotti, L. Poggianti, Idee, aspirazioni e percorso di autogoverno valdostano. La lungimiranza di un piccolo popolo , 2018, p. 59.
Autore: Luca Poggianti 20 maggio 2020
3 0 giorni a novembre, con giugno e settembre, di 28, di 11 e di 50 ce n’è uno, tutti gli altri ne han 31. Così dovrà essere modificata la nota filastrocca in uso per ricordare il numero dei giorni dei vari mesi, visto che il governo Conte da quest’anno sembra aver deciso che aprile passa ufficialmente a 50 giorni mentre maggio scende a 11 . Ora ci manca solo di metterla in musica, per meglio celebrare la tanto attesa pubblicazione del famigerato decreto-aprile che secondo i soliti impazienti detrattori del Governo sembrava essere diventato decreto-maggio… Invece no! Bastava aspettare quest’ ultimo agognato giorno di aprile , il 50 appunto, per vedere finalmente realizzato il sogno di ogni italiano: poter finalmente toccare con mano quanto annunciato come prontissimo e definitivo ben 5 giorni fa. Già, perché, per chi non se ne fosse accorto, sono trascorse ben 120 ore dall’annuncio al parto. Facendoci seri, la mia non vuole essere una critica nel merito dei contenuti del famigerato “decreto-rilancio”; non è questa la sede e ci vorrebbero pagine e pagine per chiarire le migliaia di regole e regoline contenute in questo provvedimento- monstre di "soli" 266 articoli. Quello che, invece, considero un ennesimo episodio gravissimo di questo governo dell’annuncio a favor di telecamera è che ci siano voluti ben 5 giorni dalla la conferenza stampa di presentazione di un provvedimento così atteso e fondamentale per la sopravvivenza di tante persone e di tante aziende per arrivare ad elaborare il testo definitivo (che evidentemente ha cambiato mille volte versione) e a pubblicarlo sulla Gazzetta Ufficiale, un passo non secondario - è bene ricordarlo - neppure nell'Italia delle libertà sospese di questi mesi... E’ come se un futuro padre andasse in giro felice a stappare lo spumante e ad annunciare la nascita del figlio 5 giorni prima del parto… Che bisogno c’era di andare davanti alla stampa giovedì scorso? Tanto ormai il mese di aprile era finito da un po’, beninteso secondo il vecchio calendario in uso fino al 2019. Bastava quindi aspettare di mettere a punto il tutto e presentare all’Italia il provvedimento una volta che fosse stato pronto nella versione definitiva. Tutto ciò è gravissimo innanzitutto dal punto di vista della serietà istituzionale, perché non si annuncia alla stampa (senza peraltro fornire nulla di scritto di quello che si decanta) quello che nemmeno i rappresentanti del tuo governo possono leggere nella stesura definitiva. Anzi, siccome il decreto-legge è un atto del governo nella sua interezza, cosa hanno approvato giovedì? La classica bozza “salvo-intese”, che tradotto vuol dire approvazione ad minchiam ? Ma è un comportamento gravissimo anche perché evidentemente l'avvocato Conte non ha la minima idea di quali fenomeni si scatenino in questo indecente lasso di tempo tra il momento dell’annuncio e la pubblicazione del testo definitivo, soprattutto in un’era veloce e di accesso di massa alle notizie come questa di internet e di capillare diffusione dei social network . Ipotesi, illazioni, speranze, delusioni, certezze dei signori “sotuttoio” ecc. che destabilizzano tutti. E che danno il là a spiegazioni dettagliate su come funzionerà la tal misura piuttosto che l’altra, anche se in realtà nessuno ha la certezza su quale sarà la veste definitiva della regola. L’unico risultato certo di questo comportamento poco attento alla correttezza dei percorsi istituzionali - che pare abbia infastidito non poco anche il Quirinale - è quello di alimentare ulteriore confusione. Gli operatori professionali che dovranno maneggiare quelle norme (la cui unica caratteristica certa è la complicazione, su questo potremmo scommettere senza leggere nemmeno una riga…) cominciano a formarsi delle certezze sul nulla. E’ come costruire una casa sulla sabbia. E’ difficilissimo lavorare in questa maniera e ci si sente veramente presi in giro! Anche perché nel frattempo ci si aggiorna sulla stampa specializzata, costretta anch’essa a fornire spiegazioni senza avere la certezza che le bozze consultate non vengano poi modificate. E con il tempo, poi, qualsiasi adempimento risulta più difficile, perché si ha la costante sgradevole senzazione di incertezza sulla correttezza delle informazioni apprese. Quello che da professionisti e cittadini chiediamo, quindi, è ben poca cosa. Meno telecamere, meno annunci, meno conferenze stampa inutili; più fatti, più concretezza, più rispetto e quindi più buon senso. In questa complicatissima fase economica e sociale nessuno sente il bisogno di assistere ad ulteriori Conte’s show made in Casalino , ma chiediamo solamente più serietà e più rispetto . E’ pretendere troppo? Luca Poggianti
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti & Luca Poggianti 18 maggio 2020
La “Val d’Aosta” non esiste Quante volte è utilizzato il termine Val d’Aosta invece di Valle d’Aosta ? Valle d’Aosta e Vallée d’Aoste sono invece i nomi ufficiali della nostra terra, ma la tendenza al troncamento della parola “Valle” in “Val” è diffusissima. Il nome corretto, dunque, è “ Valle d’Aosta ”, poiché con tale toponimo ci si riferisce in maniera unitaria all’insieme territoriale costituito dalla valle centrale, dalla quindicina di valli principali e da quelle secondarie che da esse dipartono. Il troncare tale termine con “Val” potrebbe essere ammesso qualora ci si riferisse ad una singola valle e quindi “ val d’Aosta ” potrebbe essere corretto qualora ci si volesse riferire solamente a quella porzione di valle centrale in cui si trova la città di Aosta, ma sappiamo che non è così... Anche in passato era utilizzato il nome “Valle d’Aosta”; l’origine deriva dal latino Vallis Augustana : la valle di Augusta Praetoria Salassorum , l’antica Aosta. A partire dal XVI secolo - con l’adozione ufficiale della lingua francese in terra valdostana - nei documenti la Vallis Augustana si trasforma in “ la Valdaouste ” (nome probabilmente mutuato anche dal patois: “ l a V al d’Out a ”). Successivamente, si trasforma ancora in “ le Val d’Aoste ”; probabilmente per identificare più una regione storico-geografica e amministrativa (ossia il “ Duché d’Aoste ” oppure il “ Pays d’Aoste ”) che morfologica. Con l’arrivo dell’italiano, “ Val d’Aoste / Val d’Outa ” è stato tradotto da molti in “ Val d’Aosta ” che, come detto, è errato; anche se in lingua francese è accettato. La Carta Costituzionale, lo Statuto Speciale e, prima ancora, i decreti luogotenenziali del 1945 hanno tutti sempre e solo utilizzato la formula “ Valle d’Aosta ”. Volendo, infine, “spaccare il capello in quattro”, l’indicare in maiuscolo la “d” di “d’Aosta” costituirebbe un altro piccolo errore che bisognerebbe non commettere.(1) (1) Testo tratto da: M. Caniggia Nicolotti, L. Poggianti, Idee, aspirazioni e percorso di autogoverno valdostano. La lungimiranza di un piccolo popolo , 2018, p. 14.
Autore: Mauro Caniggia Nicolotti 17 maggio 2020
Tra anglicismi e storpiature... Ebbasta con 'sti "Governatori"! Tante volte, soprattutto in TV, si sentono pronunciare i nomi di molti luoghi geografici che vengono bellamente storpiati a causa di accenti sbagliati. Per esempio, qual è il nome corretto dell’antica Bisanzio? Ístanbul, Istànbul o Istanbùl? La seconda..., ma è raro sentirla chiamare così come la chiamano i Turchi. I soliti “benaltristi” diranno: “Questioni di lana caprina; son ben altri i problemi!”..., certo, sicuramente. Tralasciando eventuali critiche e i tanti casi di pronunce sbagliate (magari anche di quelle intorno a noi; e vi assicuro ce ne sono tantissime), ecco una delle tante parole, che a mio parere, non si può proprio sentire: “ governatore ”; la trovo “cacofonica” quando viene usata riferendosi ai presidenti delle regioni italiane. Governatore non è un titolo previsto dalla Costituzione Italiana e neppure da altre norme, ma che purtroppo una parte del giornalismo (e oramai anche della politica) ha adottato e diffonde come fosse cosa normale; probabilmente, tale termine è mutuato dal modello statunitense da quando per i Presidenti delle Giunte regionali è stata introdotta l’elezione popolare diretta. In Valle d’Aosta, poi, dove non solo non c’è l’elezione diretta di tale carica, chiamarlo governatore è pari all’anomalia di definirlo tout-court anche Prefetto . Da noi, non esistendo la provincia di Aosta , non esiste neppure la Prefettura. Per tale ragione il Presidente della Regione Valle d'Aosta non è Prefetto; egli, però, si avvale del personale e delle strutture dell’amministrazione regionale per esercitare le funzioni prefettizie... questo sì. Insomma, torniamo a chiamarli Presidente... e basta con questi "Governatori" Mauro Caniggia Nicolotti
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